L'inverno 1956 in Abruzzo



Luco dei Marsi (AQ), 680 mt s.l.m.

“Era verso il sedici o diciassette Gennaio, papà ed io eravamo in campagna a fare la legna…A quei tempi non esistevano le motoseghe, si usava un segaccio che veniva manovrato in due. Faceva caldo…C’erano insetti che volavano ,la neve, quella poca che c’era era sulle alte cime del Gran Sasso e tutto andò così quasi fino alla fine di Gennaio, dopo che anche Dicembre era trascorso così. Qualcosa iniziò a cambiare dopo il 25 Gennaio, era sempre sereno ma la temperatura si abbassava ogni giorno di più. Poi il giorno 31, nel primo pomeriggio verso le due si scatenò l’ira di Dio: tutto divenne scuro, iniziò a nevicare sui monti con tale forza che dal Monte Camicia a qui ci mise poco più di cinque minuti… Dopo mezz’ora già c’erano quasi 15 cm di neve… Ed il freddo, il ghiaccio e la neve durarono fino a metà Marzo… Nessuno se l’aspettava, dopo un inverno che era stato caldo ed alle porte c'era Febbraio… Quanta neve…”
Fulvio Di Fiore


Cosi iniziava il racconto di mio padre quando mi rammentava della nevicata del 1956, uno degli eventi meteo che mise in ginocchio l’Italia intera. Effettivamente fu un inverno bizzarro: Dicembre 1955 fu molto mite e piovoso, specie il giorno del Santo Natale. Non era caduto neanche un fiocco di neve, ma non soltanto nelle valli e zone basse, ma anche a quote ragguardevoli sui monti circostanti. A parte un po' di freddo tra il sette e l’otto Gennaio, ci fu l’anticiclone che portò bel tempo e caldo su tutto lo Stivale. La poca pioggia ci fu portata dallo scirocco, ma niente di sostanzioso.La situazione iniziò a cambiare quando l’anticiclone Russo-Siberiano con un massimo di 1055 mb, oramai fortemente termicizzato, iniziò a far soffiare venti impetuosi e freddi sulla nostra penisola, creando a poco a poco, una depressione che il 1° Febbraio, portò grandi quantità di neve su buona parte del Mediterraneo, con un minimo di 995mb, posizionato tra la Puglia, la Campania e la Basilicata. Effettivamente sulle carte bariche di quel giorno si nota che al suolo c’erano correnti molto tese da est-sud-est, freddissime, anche se l’Abruzzo era sotto una -3/-4 ad 850 hPa e la fattispecie era che in quota a 500 hPa le correnti, sempre gelide provenienti dalla Siberia entrassero da nord-ovest, lato Rodano insomma. Quindi non c’era una situazione di barotropicità tra i due minimi. Questo è un fattore molto importante, per quanto riguarda l’effetto stau, che in codesti casi viene praticamente annullato con precipitazioni che cadono copiose dappertutto. Venedo meno l'effetto sbarrante della catena del Gran Sasso, che ferma le precipitazioni solo sui versanti esposti ad est. Nuvole temporalesche autorigeneranti fanno come un ” effetto trampolino” scavalcando le cime e le creste in maniera decisa ed eclatante. La bassa temperatura in quota, spinta da un “Buran”, vento tempestoso che appunto nasce dalle gelide pianure Siberiane, a ridosso dei Monti Urali, toccava valori sui -40 (sempre a 500 hPa, circa 5000mt), ed era proprio questa la causa del diffuso maltempo. Notando le carte bariche di quel giorno, si evidenzia subito la potente ciclogenesi ad occhiale, con un minimo tra gli stati Arabi e la Turchia e l’altro posizionato sull’Italia meridionale e che quindi come risposta al grande freddo che sprofondava fino in Africa, aveva una risalita di correnti molto tiepide che salivano verso la penisola Balcanica.


Vicoli di L'Aquila , 721 mt s.l.m.


Piazza di Casoli (CH), 380 mt s.l.m.


Casoli (CH), 380 mt s.l.m. - Operazioni di sgombero


Il giornale La Stampa, così titolava in prima pagina a metà febbraio del '56

Nei giorni seguenti, il freddo rafforzò la sua presa sull’Italia con valori ad 850 hPa che andavano dai -16 del nord ai -4 del sud. Ben presto l’Abruzzo, che, il 3 febbraio, si trovava sotto una -8 ad 850 hPa, iniziò a vedere la situazione in modo drammatica. Bufere di inaudita violenza che forse non se ne vedevano dal 1929 ,flagellavano tutta la regione dalle coste Adriatiche fino alle zone interne. Già gli abitanti di molti paesi di montagna come Campotosto, Pietracamela, Castel del Monte, Santo Stefano di Sessanio, Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo, Roccacaramanico, Ovindoli, Pescasseroli ed altri ancora, risultavano isolati, con la neve che non permetteva nemmeno l’apertura delle porte di ingresso delle abitazioni. Addirittura all’Albergo di Campo Imperatore la temperatura minima in quei giorni toccò i -20°c, e tutto ciò sotto terribili tormente. Nell’alto Molise, la neve accumulata superava i tre metri e il tutto era accompagnato da forti raffiche di vento che superavano i 100 km/h. Critica la situazione nell’Alto Vastese, con molti comuni isolati,tra cui Castiglione Messer Marino, Schiavi D’Abruzzo, Montazzoli, ma anche centri posti più in basso come San Buono e Fresagrandinara. Il giorno 5 Febbraio, è ancora l’afflusso burianico a soffiare impetuoso sull’Italia, con il campo termico, ad 850 hPa, che andava dai -12° del nord-est, ai -4° del sud. Flusso freddo che sprofonda nell’entroterra Algerino, creando tempeste nevose su alcune località semi-desertiche…

"A quei tempi la televisione non c’era o almeno ce ne era una al bar a Capestrano e lì vedemmo le immagini della nevicata nel deserto con i cammelli di quei poveracci che scappavano imbizzarriti come del resto lo erano i padroni… Non l’avevano mai vista la neve…"

In questo frangente, la tormenta continuava a flagellare senza sosta da circa tre giorni su tutto L’Abruzzo con quantitativi di neve notevoli, si superavano tranquillamente i tre metri quasi dappertutto sopra i 1000 mt. Addirittura la città di Pescara si trovava coperta da circa 40 cm.di coltre bianca e la situazione non sembrava migliorare. Comunque sia, qualcosa era cambiato, visto che la massa d’aria si era un po’ appiattita, creando uno stau adriatico più vistoso e i moti convettivi meno accentuati. Infatti la situazione migliore la si trovava sull’entroterra Aquilano ove c’erano schiarite ma sotto un vento glaciale. Temperature completamente fantomatiche per la zona mediterranea, con valori anche al di sotto dei -20/-25°c. Notevoli i -32°c dell’altopiano del Fucino, che possono far comprendere come altipiani posti più in alto come quello delle Rocche, delle Cinquemiglia e cosi via dicendo, avranno avuto sicuramente temperature più basse. Uscendo dai confini regionali significativi i -45°c del Plateau Rosa sul Monte Rosa, ad oltre 4600 mt, ed i -57°c dei Pirenei Spagnoli.
Il valico stradale di Forca Caruso, posto a 1107mt, tristemente noto per le scorribande brigantesche a dir poco allucinanti nell’ottocento e famosa e temuta per le terribili bufere nevose, situata a sud-est del massiccio del Sirente in un contesto arido e brullo, è teatro in quei giorni di uno stop di massa di molti camion, che praticamente sono impossibilitati a proseguire verso la Marsica.


Con un lieve e breve miglioramento delle condizioni del tempo, i soccorsi riescono a liberarli e a farli proseguire.Infatti il giorno dopo con l’avvicendarsi di nuove tormente, il valico torna ad essere chiuso.La neve supera in alcune zone i quattro metri. In quell’anno molti laghi,anche a quote basse gelarono,in montagna poi…a Campotosto il lago gelo’ completamente,con la neve che la ricopriva dappertutto,quasi la stessa situazione a Barrea ed a Scanno.Da pensare che la citta’ di Chieti era coperta da un metro di neve,complice anche per l’effetto stau che si viene a formare di solito sul colle che ospita l’abitato,uno dei primi rilievi che salgono verso la Majelletta. Le mappe del 10 Febbraio delle ore 00, traggono una situazione barica fenomenale: ad 850 hpa le correnti provengono sempre dai quadranti orientali,fortissime e freddissime,grazie sempre all’alta Russo-Siberiano-Scandinavo collegato all’alta dinamica azzorriana (Ponte di Wojekoff),ma con circolazione occidentale dei venti a 500 hpa,quindi situazione di barotropicita’ pressoche’ nullo e formazione di nubi temporalesche che surclassano l’effetto stau. Ed è cosi che nuove ed abbondanti nevicate colpiscono l’Abruzzo ed il Molise creando una situazione quasi da paralisi completa…

"…Una donna stava per partorire a Forca di Penne, era tutto chiuso da una tormenta quella mattina… Partirono l’allora medico condotto con altri, uno spartineve e i carabinieri…all’altezza del piccolo nucleo di Scarafano, il mezzo non andava più. Tutti si armarono di pala, per scavare un corridoio nella neve altissima e raggiunsero il valico, giusto in tempo per dar luce al bimbo. Fecero ritorno a Capestrano in serata… Distrutti."

E a proposito di spartineve, fu allora che uno americano raggiunse Capracotta, che era rimasta isolata da parecchi giorni e tentando di collegare quest’ultima al sottostante paese di Castel del Giudice, ove la neve arrivava a superare i 4 metri in quel tratto di strada. Ma la situazione si stava facendo sempre più drammatica. Nelle due notti seguenti la neve cadde abbondante di nuovo, bloccando tutto o quasi tutto. Fu raggiunto a grandi difficoltà l’abitato di Castelvecchio Calvisio, a 1071 mt di altitudine sul versante meridionale del Gran Sasso; per far avere i viveri agli abitanti, nei pressi di Villetta Barrea la strada già chiusa per l’enorme quantità di neve, fu colpita da una grossa valanga e la situazione divenne critica per i medicinali, da Bisegna a Pescasseroli. Rilevante ed invalidante fu la mancanza di reperibilità dei medicinali. I crolli dei tetti. Molti ne crollarono all’Aquila, ad Avezzano e nei centri minori di montagna. Animali bloccati nelle stalle con nemmeno foraggio da mangiare. Le strade provinciali e statali tra L’Aquila e Sulmona erano tutte chiuse. Durante le brevi schiarite si cercava di pulire i tratti del centro Peligno, verso Pratola Peligna, Popoli, Bussi, Capestrano e Navelli. Si riusciva ad arrivare ad Ofena, il forno d’Abruzzo,che in quei giorni era sommersa da circa 2 metri di neve. L’altopiano di Navelli spazzata da un furioso vento che scendeva dalle alte cime del Gran Sasso,nonostante gli accumuli eolici di 3 metri ed oltre veniva pian piano liberata. Fu allora che vennero interpellati in soccorso gli sciatori di Moena(TN), comandati da Lacedelli e Compagnoni, proprio quelli che scalarono il K2 nel 1954. L’Altezza della neve superava tranquillamente i 3 metri di altezza ed era una situazione allarmante quella di quei giorni a Termine di Cagnano, paese posto a 1050 mt di quota, sul versante nord-est del Monte Calvo (1901mt), ed appena al di sotto della splendida Piana di Cascina.


Avezzano (AQ), 695 mt s.l.m.- Piazza risorgimento


Avezzano (AQ), 695 mt s.l.m.- Via Monte Velino



Luco dei Marsi (AQ), 680 mt s.l.m. - Vicoli innevati


Trasacco (AQ), 685 mt s.l.m.

La situazione barica, che andava proponendosi per i giorni intorno alla metà del mese, davano una recrudescenza del maltempo sul bacino del Mediterraneo e sullo stivale soprattutto, con le correnti ad 850 hPa sempre da nord-est,accompagnato da tese correnti da nord-ovest a 500 hPa, rodaniche appunto. E questa e’ una classica situazione che non lascia scampo a nessun angolo dell’Italia peninsulare.E come fu allora in quel lontano inverno:oramai in molti centri montani Abruzzesi si comunica solo attraverso le gallerie fatte in mezzo all’enorme quantita’ di neve caduta, addirittura in molte stradine del centro dell’Aquila occorre farle. Con le nuove tormente che si erano abbattute, erano irraggiungibili Ovindoli, Campo di Giove, Campotosto, Castel del Monte , Pizzoferrato, Gamberale. Terribile la situazione anche nel vicino paesino di Castelluccio di Norcia (1452 mt), nella catena dei Monti Sibillini,in Umbria, sistema montuoso che per la sua conformazione e’ molto soggetta a valanghe, anche di una certa portata. Nel chietino, il centro di Civitaluparella (903 mt), non riusciva a trovare sblocco per oltre una decina di giorni, anche a causa di una grossa valanga abbattutasi nei pressi del paese.

Furono in molti a chiedersi il motivo di tanto gelo e freddo. Tra le molte teorie, la più accreditata era quella che attributiva alla causa di tanto freddo l’alto numero di macchie solari in quel momento: ben 135. La situazione era drammatica nei pressi di Pescina, centro a poco più di 700 mt di altitudine, sul bordo orientale della Marsica, sotto monti spogli, che salgono al versante occidentale della Forca Caruso,esposta da sempre in modo critica ai venti di tramontana, la neve in alcuni luoghi aveva toccato i 7 metri,interrompendo cosi e per lungo tempo la ferrovia che collega il tratto Avezzano-Sulmona, ove rimasero bloccati ben 150 persone del diretto 776,che furono ospitati dai Pescinesi. La conca del Fucino e quindi Avezzano erano raggiungibili soltanto dalla Valle Roveto. Il capoluogo, invece dalla strada dell’Altipiano di Navelli, ma non sempre visto che il tratto tra Popoli e quest’ultimo,lungo la strada delle Svolte, spesso era chiusa al traffico.E non e’ che era tanto facile,spesso nei momenti di bufera riuscire a passare tra Castelnuovo e Poggio Picenze,nei pressi di Barisciano.Molte le auto ed altri mezzi piu’ i treni della linea ferroviaria rimasero bloccati anche sulla Sella di Corno a 1005mt di quota,zona che tra l’altro ha una forte quantità piovosa annua in mm e famosa anche per la neve,se portata dalle correnti Rodaniche.


Intanto il pericolo valanghe era quello che iniziava ad incombere di più. Rocca Pia, un paesino arrocato sopra la Valle Peligna ed appena sotto il noto Piano delle Cinquemiglia, a 1184 mt di altitudine, fu sfiorata da una di esse, fortunatamente senza conseguenze,nel tratto stradale,dove la montagna si che si fa ripida; tra Anversa degli Abruzzi e Scanno, ben 64, ne furono contati,con delle pareti di neve alte fino ad oltre 8 metri. Una grossa valanga scese lungo la strada provinciale tra Tagliacozzo e Capistrello, colpendo anche due persone, fortunatamente tratte in salvo da una squadra di spalatori. Comunque sia, le correnti da libeccio, o in qualche caso da scirocco, iniziavano a scalzare il freddo, anche se non del tutto, visto che, come sappiamo l’aria calda essendo più leggera di quella preesistente fredda, le scivola sopra creando altre nuove nevicate un po’ ovunque.Ma sul finire del mese di quel memorabile Febbraio, le correnti calde da scirocco, insistettero a tal punto che un nuovo pericolo si stava creando e cioe’ lo scioglimento veloce delle grosse quantita’ di neve cadute,anche a causa della pioggia insistente, tranne che nelle zone piu’ montane.

Ed arrivò Marzo…Dopo un periodo decisamente più mite, verso il 10 del mese, la situazione cambiò r l’arrivo di un nuovo nucleo gelido dalla Russia sull’Italia con una -40 a 5000 mt. Molti ricorderanno o chi come me che all’epoca non era nato, ma visto quindi in TV, la famosa partita Roma – Lazio che venne rinviata per causa neve all’Olimpico in quella domenica 11 Marzo 1956…

"Quella mattina c’era stato un fenomeno strano…nella notte si era formata una brina particolare… E' come se il ghiaccio sull’erba, avesse delle piccole ali (la jelena ch l scenne) poi rannuvolò…E nel pomeriggio cambiò tutto in una situazione che non si aspettò nessuno…Iniziarono a cadere fiocchi di neve ,grossi, come fazzoletti e nevicò per tutto il pomeriggio in tal modo che ci trovammo nuovamente con 60 cm di neve fresca…"

Questa rimase nella memoria di coloro che vissero quell’evento, come mio padre, come “ju nevone”. Che poi non è da confondere con quello del mitico inverno del 1929. Le cronache di allora, di quei giorni di metà Marzo, riportarono delle notizie a dir poco drammatiche. Di nuovo le strade di grande comunicazione regionale di allora come la SS5 Tiburtina Valeria, fu nuovamente bloccata al Valico di Forca Caruso; tornò nuovamente chiusa per la neve alta e per le valanghe il tratto della SS5 bis tra Celano ed Ovindoli. Una grossa valanga ostruì la strada tra Opi e Villetta Barrea. Situazioni drammatiche nei paesi del versante Teramano dei Monti della Laga, completamente isolati da circa un mese. Nevicate non solo forti nell’entroterra, ma anche lungo le coste. Notevoli i 40 cm di Pescara. Sepolta dalla neve Capracotta, nell'alto Molise, con oltre 5 metri. Località esposta allo stau balcanico senza alcun riparo, catalogata come una delle zone più nevose d’Italia. Oltre metà dei comuni abruzzesi sono isolati di nuovo. E poi temperature, con L’Aquila ed Avezzano a circa -20° nei valori minimi. Da dopo il 20 di Marzo, comunque tornò finalmente il bel tempo, con la struttura anticiclonica che iniziò ad abbracciare buona parte del Mediterraneo ed iniziando a regalare delle temperature più miti che davano inizio alla Primavera.

"Dopo il 20 Marzo finì tutto ed iniziò a fare più caldo e sai la neve che si sciolse, corse nei rigagnoli e nei fiumi che si ingrossarono… Molte le valanghe che continuarono a scendere sui monti ancora; nella città dell’Aquila, in alcuni vicoli, qualche macchia di neve rimase fino a giugno, opera anche di quella spalata dai tetti. Ma quello che ricordo di più è che come venne bello il grano e tutte le altre semine quell’anno, non lo avevo mai visto e mai più vidi…"


L'Aquila, 721 mt s.l.m.- Piazza Duomo


L'Aquila, 721 mt s.l.m.- Vicoli



Una citazione doverosa ai volumi seguenti, fonti preziose per dati e luoghi:

  • “Il grande freddo del 1956” - Edito da meteogiornale, Marco Rossi
  • “Nevicata del 1956, L’Aquila e dintorni nell’inverno più memorabile del secolo scorso" – One group edizioni


    Un particolare ringraziamento a mio padre Fulvio, personificazione di racconti di un inverno perduto...


    Thomas Di Fiore